Le intenzioni progettuali per il progetto dell’Acropoli di Pergamo sono state condotte con l’obbiettivo di ricostruire il potenziale complessivo dell’intera Acropoli e dei diversi elementi che la compongono mediante un intervento mirato, che partisse dal nucleo della composizione urbana e quindi l’affaccio sul lato ovest.
Questo primo studio progettuale ha coinvolto la parte che ospita la stoà, il teatro e il tempio di Dioniso. Per permettere una più facile lettura di tale frammento si è cercato di enfatizzare la presenza dei due assi prospettici su cui si dispongono le architetture: il primo parte dal portale e culmina con il tempio di Dioniso e il secondo “sfonda” la stoà dal teatro per terminare con la vista sulla valle. Quest’ultimo asse è stato valorizzato mediante la ricostruzione di parte del teatro di Dioniso, forte dell’idea di ridare vita a tale spazio da un punto di vista sia di forma sia funzionale, sul modello dell’intervento operato da Giorgio Grassi nel Teatro Romano di Sagunto. Nel caso in esame si è fatto riferimento al teatro ellenistico: la scena è circolare e matericamente composta da assi lignei che permettono al contempo di restituire al teatro la sua antica funzione e, essendo rimovibili, consentono di svelare la scena romana posteriore. Sul retro della scena la stoà è stata quasi interamente ricostruita per ricomposizione di elementi, così da generare un fondale per il teatro e che funga da filtro, permettendo un graduale dialogo tra acropoli antica e città moderna.
Attraverso la ricostruzione di parte della stoà affacciata sulla vallata e della seconda stoà che si addossa sul pendio lungo il quale sorge il teatro, si è lavorato sull’altro asse prospettico: è stato quindi ricostruito per anastilosi l’antico portale e una parte del tempio, così da rendere evidenti i punti di vista prospettici e la forte tensione fra i due elementi. Determinante per la scelta della pavimentazione è stata la suggestione di Pikionis ad Atene: restituisce maggiore unità all’intervento e rende riconoscibile un manto continuo; pur usando materiale locale calcareo, il lastricato denuncia la propria modernità attraverso la trama irregolare e il distacco dalle archeologie ottenuto mediante un piccolo cordolo marmoreo su tutto il perimetro. Infine, è stato deciso di rendere l’intera parte ovest indipendente dal resto dell’acropoli separando nettamente le due aree occludendo il percorso che connette il teatro alla terrazza superiore, ma mantenendo le parti unite solo per relazioni visive e formali, costituenti la “quarta cavea”.
La restante parte del progetto si rivolge ai ginnasi disposti lungo l’arco di cerchio che abbraccia il teatro, le cui terrazze, oltre a racchiudersi intorno a tale nucleo, si presentano in planimetria come una serie di piani sfalsati altimetricamente. Quella che un tempo accoglieva l’imponente altare di Zeus risale al II sec a.C. circa: l’altare, infatti, con la sua terrazza non fu costruito prima del 190 a.C.; per renderne possibile l’edificazione, furono abbattute le mura dell’acropoli di notevole importanza prima che Eumene II costruisse la cinta inferiore. Il monumento fu la più importante opera pergamena eretta negli ampi terrazzamenti dell’Acropoli, in quanto si tratta non soltanto di un’opera celebrativa, ma di un vero e proprio strumento per affermare il prestigio culturale della città dinnanzi a tutto il mondo greco, in una delicata fase di crisi politica con Roma. Per questa ragione, vi è una gigantomachia a decorare lo zoccolo dell’altare (mito già rappresentato da Fidia nel Partenone), a testimoniare sia la vittoria della civiltà sulle barbarie, ossia degli Attalidi sui Galati, sia la rinascita della cultura di Atene nella nuova capitale del sapere, Pergamo. La grandiosa ara venne rinvenuta negli scavi dell’acropoli dal tedesco Carl Humann tra il 1871 e il 1879, ma mutila, in quanto smembrata in età bizantina. Successivamente il frontone occidentale venne ricomposto allo Staatliche Museen di Berlino. La mancanza di questo elemento monumentale ha determinato nel corso della storia uno sbilanciamento nella composizione architettonica ed urbana dell’acropoli. La logica conseguenza progettuale per tale area è stata quella della “presenza attraverso l’assenza”, disegnando un’enorme superficie lastricata continua che lambisce i pochi resti dell’altare a racchiudere un vuoto nel pieno. La terrazza del tempio di Atena Poliàs Nikephòros era contigua ma più alta. L’intero spazio era circondato da un portico a due piani, dorico nell’inferiore, ionico nel superiore, e disposto sui lati nord-sud ed est. Il tempio era posizionato in direzione nord-sud porgendo un lato al versante occidentale e il fronte verso l’altare di Zeus. Sulla base di tali considerazioni si è giunti a definire anche per questo terzo elemento un lavoro di superfici dando maggiore importanza alla terrazza che si chiude su due lati, aprendosi totalmente a sud-ovest. Sono state quindi ricostruite per anastilosi in parte le colonne del primo piano dell’antico portico, a formare visivamente una “L” che abbraccia l’intero ambiente, ed è stata progettata una pavimentazione con un disegno irregolare che va a smaterializzarsi man mano che ci si avvicina alle rovine del tempio.
L’ultima terrazza presenta nel centro un tempio corinzio periptero su un podio accessibile da una gradinata frontale; la trabeazione corinzia con il fregio costituito da mensole ad architrave su cespi di acanto e protomi gorgoniche alternate è una tipica decorazione asiatica di Età Adrianea. La sintassi della decorazione è di tipo microasiatico, ma la resa dei singoli motivi riprende decori urbani di Roma, con forme nettamente plastiche. Un colonnato che circondava il tempio era sfondato sul lato ovest aprendo così la terrazza alla vallata mediante un impianto a “C”. Per tale area quindi si è deciso di focalizzare maggiormente l’attenzione sul protagonista di questo spazio, il Traianeum, costruendo per anastilosi le colonne laterali del tempio e rialzando inoltre l’antica cella fino alla metà in modo da riottenere la percezione spaziale dell’ambiente e quella visiva del panorama attraverso l’architettura.