Interventi in contesti circoscritti e puntuali, riconducibili a pochi segni elementari, progetti affrontati attraverso la tecnica dello scavo, della stratificazione e dell’estrusione; architetture mirate, che vogliono tuttavia avere la forza di evocare il carattere dei luoghi, portandolo alla luce, rinvenendolo più che tradurlo in altro da sé.
Rigenerare come processo di riappropriazione, di ripensamento del rapporto con la memoria collettiva, a preservare un legame con l’origine, nella continuità della vita degli edifici, dei luoghi, delle cose, celebrando spazi da abitare ed evocandone trasformata, trasfigurata…la storia.
Continuare a vivere i luoghi trasformandoli senza radicali e improbabili espedienti. Senza mistificarne il senso o tradirne il carattere, perché sono luoghi in cui hanno abitato donne e uomini che hanno vissuto con intensità le trasformazioni del tempo. Un tempo lungo. Dare forma ai luoghi della città, anche ai più inaccessibili, perché diventino principio di una nuova dimensione figurativa della città contemporanea.
Appunto 1 – Antefatti
Nell’ambito del dibattito contemporaneo sulla cultura del progetto, la questione dell’urban/architectural renewalè centrale, e rispecchia l’attuale congiuntura sociale ed economica, per la quale il tema della rigenerazione, del riciclo, del riuso, riguarda da tempo i più vari mondi e settori del vivere e speculare umano. La ricerca progettuale in particolare ha come obiettivo di indicare una via alle necessità della realtà attuale, per cui ci si trova a progettare il costruito, più che a progettare e costruire il “nuovo”, soprattutto nella conservazione che trasforma, recupera e ricompone l’esistente. La rigenerazione mira, nel ripensamento del rapporto con la memoria collettiva, a preservare un legame con l’origine, che si esprime nella continuità della vita degli edifici, dei luoghi e degli spazi: il confronto diretto fra nuovo e antico può dunque evocare, trasformata/trasfigurata, la loro storia.
Appunto 2 – Introduzione del tema [metafisico]
Tema progettuale è l’intervento nella zona industriale di Porto Marghera all’interno dell’Insula Ovest, un’area di circa centottanta ettari. Si propone di individuare una serie di piccoli e grandi spazi interstiziali, utilizzati o parzialmente in disuso, in relazione con gli edifici esistenti, con i limiti fra terra e acqua, con i bordi sfrangiati interni fra le aree, per offrirne una proposta di trasformazione e di valorizzazione all’interno di una visione complessiva di recupero graduale delle aree industriali dismesse. Interventi circoscritti e puntuali, da affrontare attraverso lo scavo, la stratificazione, l’estrusione; interventi mirati, che vogliono tuttavia avere la forza di evocare il carattere del luogo, portandolo alla luce, più che tradurlo in altro da sé.
In questo senso i luoghi selezionati stanno all’origine delle scelte funzionali e tematiche, e per questo abbiamo voluto indicare funzioni che fossero pertinenti ai diversi ambiti di tradizione delle aree industriali. Lungo i canali industriali Nord e Ovest, a ridosso delle banchine o a distanza di manovra delle gru, ovvero tra le rive e le strade che separano la zona industriale di Porto Marghera dalla città giardino di Marghera, sono state allocate precise architetture-funzioni: terziarie, residenziali, produttive. Dall’osservatorio territoriale alle attrezzature e servizi della città metropolitana (l’università, lo stadio, il mercato ecc.), alla torre di controllo del porto e alle nuove funzioni portuali e marittime; dall’implementazione delle aree produttive dei Grandi Mulini al recupero delle architetture industriali di qualità: come l’Emporio Sali e Tabacchi, la Malteria Adriatica, il Fabbricato 311 (silos Nervi). Una variegata costellazione di luoghi e architetture antiche e di progetto. Per una nuova immagine dell’area portuale e industriale di Venezia e per il suo rilancio.
Appunto 3 – Le fonti
“Il mio gusto cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello che io ho in testa come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio e di Giotto. E non riesco a concepire immagini, paesaggi, composizioni di figure al di fuori di questa mia iniziale passione pittorica” (Pier Paolo Pasolini, 1962)
“A sera guardai poi da un ponte stradale in periferia la tangenziale di sotto, che si mostrava in mobili colori dorati; e anche oggi mi sembra ragionevole la mia riflessione di allora: che uno come Goethe avrebbe dovuto invidiarmi perché vivevo adesso, alla fine del XX secolo” (Peter Handke, 1981)
“Viviamo la stagione di una doppia nostalgia: il dolore del ritorno investe con la stessa intensa passione il tempo del ricordo, le immagini di un passato che ci appare perfetto proprio perché trascorso, e lo spazio del progetto, le figure di un futuro che ci risulta compiuto proprio perché pensato. Nostalgia del passato e nostalgia del futuro si intrecciano e illuminano della luce della malinconia il nostro presente, affascinati ad un tempo dalla ricchezza e dalla bellezza che la storia ha distillato, dall’emozione e dalla sfida che il progetto ineluttabilmente prospetta. Storia e progetto. Dimensione elegiaca e pulsione esistenziale” (Costantino Dardi, 1987)
“Guardando Porto Marghera (…), la mia attenzione è stata catturata da alcune immagini che mi suggerivano l’idea del tempo, e della vita che approfitta del tempo per trasformare lo stato delle cose. Ho cominciato così a lavorare sul tema delle riappropriazioni: i piccoli segni di una vita che continua, trasformandosi” (Alessandra Chemollo, 1997)
Appunto 4 – Prefazione posticipata
La strategia progettuale che si propone in queste aree, compromesse dall’inesorabile e imprevedibile corso della storia, presuppone l’attivazione di un processo di conoscenza e di interpretazione, secondo un percorso che dalla pura astrazione del pensiero arrivi alla “messa in contesto”, essenziale all’efficacia dell’intervento, per usare la formula espressa in un saggio del 1992 dallo psicologo della conoscenza Claude Bastien: “L’evoluzione cognitiva non si orienta verso la messa in opera di conoscenze sempre più astratte ma, al contrario, verso la loro messa in contesto (…) la contestualizzazione è condizione essenziale dell’efficacia”.
Il tema, quindi, è dare figura ai luoghi della produzione inibiti al pubblico, dare forma a un luogo inaccessibile della città perché diventi simbolo della Venezia contemporanea. Trovare il modo di mostrarsi alla città e all’esterno pur mantenendo limiti invalicabili (come accade per conventi, caserme, antichi lazzaretti, prigioni, stabilimenti industriali). Così è stato per l’Arsenale di Venezia: esso occupa un’area vasta, per secoli è stato chiuso alla città, è stato costruito nel tempo perseguendo ragioni di carattere funzionale, fino ad assumere la configurazione attuale: un’architettura di straordinaria qualità che oggi viene gradualmente restituita alla città.
Tessere insieme, intrecciare, condividere e valorizzare, questo il compito della buona architettura e del nostro lavoro. Un progetto di riconoscimento dei luoghi come elementi parti di un insieme e in relazione fra loro.
Testo tratto da collana Origami (coordinamento editoriale di Camilla Donantoni), Dal Fabbro A. (a cura di), RPMVERenewal Porto Marghera, Mogliano Veneto, Arcari Editore, 2016.
Workshop estivi di architettura | Università Iuav di Venezia
Docenti: Armando Dal Fabbro, Camilla Donantoni, Patrizio M. Martinelli, Augusto Angelini
Studenti: Elena Arnesano, Anna Benetti, Tommi Bimbato, Santiago Buzzanca, Silvia De Marco, Simone Golin, Pamela Lillo, Veronica Malgarise, Andrea Orrù, Lucia Sabbadin, Martina Serafin, Futha Thamsanqa, Manuel Turetta, Francesca Vallarsa, Marco Vodola, Ilaria Zampieron, Sara Zuanti.